Ripresa economica: a che punto siamo?
Manifattura, costruzioni e l’export trainano la ripresa del dopo pandemia - Il Sole 24 ORE
- Visite: 389
Se negli ultimi trent’anni le emissioni di gas serra dell’UE sono diminuite del 24%, oggi, alla luce dell’emergenza climatica che, purtroppo, continua ad essere sempre più esplicita, è opportuno fare un enorme passo avanti e moltiplicare gli sforzi per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. In questa direzione e in linea con gli obiettivi annunciati dal Green Deal, dalla Climate Law e dalla transizione ecologica, il pacchetto “Fit for 55” entra in gioco per dare forma e consolidare l’impegno dell’Ue nel ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% per i prossimi dieci anni.
Finanziato dal bilancio comune dell’Unione e da Next Generation EU, questo pacchetto comprende una serie di proposte legislative, alcune del tutto nuove, altre volte a modificare delle normative esistenti, che mirano a trasformare l’Europa in una economia clima-neutrale. Una transizione giusta, che abbia dei risvolti non solo sul piano ambientale, ma anche sociale.
Il pacchetto clima, infatti, contiene anche un Fondo sociale, che si rivolge a tutte quelle persone e famiglie più vulnerabili, per aiutarli e sostenerli economicamente in questa fase di transizione, contro la povertà energetica. Un’iniziativa che coniuga la risposta ambientale al Pilastro sociale, a cui il Gruppo S&D ha sempre dato la priorità, per promuovere un accesso equo e giusto alle energie rinnovabili e, quindi, per garantire che il passaggio a un’economia climaticamente neutra avvenga per tutte e tutti, anche e soprattutto per chi è in difficoltà economiche.
Per un’Europa protagonista della battaglia per la sostenibilità in materia di clima, energia, utilizzo delle risorse, trasporti, innovazione e tecnologia, questo è il primo passo per la realizzazione di un futuro migliore: un atto di generosità verso i più giovani.
CONTINUA A LEGGERE IL DOCUMENTO
Il superamento del gender gap, ossia il divario esistente tra uomo e donna in tanti settori diversi, è un tema che non ha a che fare soltanto con i diritti, ma anche con lo sviluppo di un mondo prospero, equo e sostenibile. Promuovere una piena parità di accesso nell’ambito del lavoro, dell’istruzione, così come in termini di rappresentanza nei processi decisionali, infatti, significa garantire a tutte e tutti, ma soprattutto alle donne (e alle madri), di vivere in una società più giusta, in cui ciascuno, con le proprie competenze e conoscenze, può contribuire alla produzione di benessere economico e sociale.
Ma facciamo i conti con la realtà. All’interno dei settori della ricerca, dell’industria e del digitale, per esempio, settori che, specialmente nella fase critica che stiamo attraversando, sono e saranno fondamentali per la ripresa delle nostre economie, i dati ci dicono che le donne, nonostante siano la maggioranza della popolazione europea, rappresentano solo un terzo degli imprenditori e, in maniera specifica, nell’ambito delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), la percentuale delle laureate si attesta attorno al 36%.
Analogamente, emerge che anche il campo dell’intelligenza artificiale (IA) è un campo prettamente maschile: le donne rappresentano circa il 12% dei ricercatori. Un dato che incide in maniera negativa sullo sviluppo stesso delle tecnologie del futuro, soprattutto dal punto di vista delle competenze e delle conoscenze, e sull’enorme occasione che abbiamo oggi, proprio grazie all’IA, di modellare una società più giusta e inclusiva. La scarsa presenza femminile, infatti, rischia di creare seri problemi di natura etica nella ricerca sull’IA, un settore fondamentale per la trasformazione digitale della società, in cui i diritti umani e il contrasto alle disuguaglianze di genere hanno la priorità.
CONTINUA A LEGGERE IL DOCUMENTO
All’interno dell’ambito del Green Deal europeo, l’ambizioso pacchetto di politiche che punta a raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050, la Commissione Europea ha presentato il piano della strategia forestale dell’Ue per il 2030.
Un piano ben strutturato, che mette al centro il ruolo delle foreste nella battaglia contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici, incoraggiando la loro protezione, ricostituzione e resilienza, oltre che l’impegno a tutelare la biodiversità.
Le foreste, infatti, sono ecosistemi preziosi che custodiscono una parte essenziale della nostra biodiversità e i loro prodotti contribuiscono a migliorare la nostra salute e il nostro benessere, attraverso la regolazione delle acque, ad esempio, la fornitura di cibo, medicine e materiali, la riduzione e il controllo del rischio di disastri ambientali, oltre che dell’impatto della siccità.
Le foreste e i cambiamenti climatici sono strettamente interconnessi per una ragione molto semplice: se da una parte l’aumento delle temperature, delle precipitazioni e degli eventi metereologici più estremi generano un forte impatto sulle foreste, dall’altra, il legno prodotto reagisce trattenendo e assorbendo il biossido di carbonio, mitigando così le conseguenze più devastanti dei mutamenti del clima. Al contrario, quando si assiste a opere di deforestazione e, in particolare, ad incendi, le foreste diventano fonte di gas serra, alimentando, quindi, l’inquinamento atmosferico.
CONTINUA A LEGGERE IL DOCUMENTO