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Schede informative

Riprendiamo la rubrica di schede informative sulle attività dell'Unione europea, che sono state molto apprezzate, con riferimenti giuridici ma anche con riferimenti legati al dibattito politico e culturale, relative a temi di grande rilevanza sociale su cui l’Europa sta adottando scelte e scrivendo norme che delineeranno un orizzonte di scelte di standard che l‘ Europa auspica possano diventare di riferimento globale. Se volete ulteriori approfondimenti scrivetemi a: 

Regolamentazione della prostituzione nell'UE: implicazioni transfrontaliere e impatto sull’uguaglianza di genere e sui diritti delle donne

Risoluzione del Parlamento europeo del 14 settembre 2023 sulla regolamentazione della prostituzione nell'UE: implicazioni transfrontaliere e impatto sull’uguaglianza di genere e sui diritti delle donne (2022/2139(INI))

Nell'ultima seduta del Parlamento in settembre è stata approvata una importante relazione sul tema controverso della PROSTITUZIONE.

Si tratta di una relazione, approvata con RISOLUZIONE, importante perché, pur non prevedendo disposizioni legislative, è tuttavia una presa di posizione politico-istituzionale che può essere la base anche per future misure a livello legislativo.

Il titolo esatto infatti cita il tema della regolamentazione, esaminando in questa sede le implicazioni e le conseguenze sulla uguaglianza di genere. È noto che sulla prostituzione esistono posizioni diverse che riportano a diversi modelli. Il Parlamento con larga maggioranza ha scelto una posizione e l’ha ben argomentata.

Nella relazione infatti sono presenti anche riferimenti ad analisi approfondite. Inoltre la Risoluzione avanza un set di proposte e di possibili azioni per prevenire il fenomeno e per aiutare le vittime di questa forma di violenza nel cambiamento e nella ricerca di una nuova possibilità.

Il principio su cui si basa - l'approccio olistico

Si tratta di principi caposaldo nella scala dei diritti fondamentali europei.

In particolare, essi riguardano:

  • la depenalizzazione della persona che si prostituisce;
  • l'abbassamento della domanda;
  • la diffusione di una cultura di rispetto della donna e di parità di genere che siano momento di prevenzione e di educazione attraverso campagne di sensibilizzazione;
  • l'incremento di politiche di sostegno alle realtà femminili, al lavoro e al superamento della povertà femminile (che sono spesso le cause che portano alla prostituzione);
  • l'avvio di azioni di sostegno e accompagnamento all'occupazione per le donne nelle politiche migratorie, per prevenire lo sbocco obbligato nella prostituzione;
  • l'offerta di opportunità di superamento della condizione di prostituzione attraverso programmi di inclusione sociale e lavorativa.

Il fondamento è la protezione della parte vulnerabile, la vittima che è la donna nella prostituzione.

Vi è infatti, nel fenomeno della compravendita sessuale, una violenza implicita alla donna che non è in condizioni di parità specie se vulnerabile.

Infine, il corollario di questo impianto è la responsabilizzazione del cliente, fino alla punibilità.

Questo modello è anche definito “modello nordico”.

Inizialmente viene applicato in Svezia ma poi si è esteso in altri paesi come la Francia, la Spagna e l'Irlanda.

In questi contesti la regolamentazione della prostituzione porta alla “penalizzazione” del cliente.

È un modello “equality model” perché cerca, con un intervento anche repressivo, di stabilire un rapporto di uguaglianza tra uomo e donna considerando la prostituzione come una “violenza di genere”.

Infatti si considera, come ha detto la relatrice on. NOICHL, che:

  • la prostituzione è un sistema sessista di genere (perlopiù sono le donne a doversi prostituire);
  • la prostituzione è un sistema razzista (spesso le vittime sono migranti da Paesi poveri);
  • la prostituzione è, quasi sempre, un destino obbligato per condizioni di povertà, di discriminazione, e comunque per mancanza di alternative che sarebbero ben accolte, se ci fossero, dalle donne vittima di prostituzione.

È legittimo e necessario che l'Europa se ne occupi perché il fenomeno è transfrontaliero e perché ha uno stretto collegamento con fenomeni di portata transnazionale come la tratta degli esseri umani e la criminalità organizzata.

Il testo chiaramente sancisce:

  • la non punibilità delle donne in prostituzione;
  • la prevenzione come azione prioritaria per sensibilizzare e per impedire tale fenomeno;
  • lo sforzo di diminuire la domanda (che è quella che genera l'offerta);
  • la messa in campo di veri e propri “programmi di uscita” da quella realtà.

Naturalmente, come detto, tale modello criminalizza, cioè PUNISCE l'acquisto di sesso e anche lo sfruttamento della prostituzione.

Nonostante il modello non assicuri di eliminare il fenomeno, può certamente però portare una limitazione.

Infatti, finché è socialmente tollerato che le “donne possano essere in vendita” non ci sarà reale parità di genere.

È pur vero che c'è una minoranza (molto piccola) di donne sex worker che decidono liberamente di esercitare questa attività come una “professione” ma la tutela di questa scelta così ristretta non è la nostra priorità.

La nostra priorità, come gruppo SD, è di tutelare e garantire un futuro diverso alla stragrande maggioranza di donne che sono in prostituzione per mancanza di alternative, per necessità, o perché troppo vulnerabili per poter reagire, o addirittura per “riduzione in schiavitù” come nella tratta di esseri umani.

Si pensi addirittura che il 70% delle donne che si prostituiscono sono migranti.

Infatti lasciare la prostituzione e abbandonare questa realtà è un processo molto difficile, quasi impraticabile per chi non abbia un sostegno economico e sociale.

Si pensi ad esempio a tutti gli ostacoli: dalla non conoscenza della lingua del paese dove si opera, alla manipolazione di cui si è vittime, alle regole sul permesso di soggiorno, etc.

Il fenomeno è in costante crescita e inoltre a seguito della pandemia COVID sono aumentate tutte le realtà di violenza e abuso (tra cui lo sfruttamento sessuale).

Interessante è comprendere che, di fronte a modelli e approcci che variano negli Stati Membri dell'UE, le organizzazioni internazionali della prostituzione che operano a livello transfrontaliero, scelgono le realtà dove la legislazione è per loro più “conveniente” o meno “oppressiva”.

Infatti oggi in UE c'è molta asimmetria tra le diverse regolamentazioni nazionali sulla prostituzione e questo quadro vario e variegato è una comoda “scacchiera” per l’industria della prostituzione.

Sarebbe dunque, in assenza di una legislazione uniforme e omogenea, quantomai utile aumentare e coordinare la COOPERAZIONE transfrontaliera, almeno sui dati e sulle informazioni da SCAMBIARE e CONDIVIDERE su tali traffici e commerci.

Ciò richiede un approccio paneuropeo per la raccolta, l'analisi, lo scambio dei dati e la creazione di “buone pratiche” a livello comunitario.

In tutto ciò, di fronte a tali manipolazioni, abusi, violenze, sfruttamenti e riduzioni in schiavitù occorre rimettere in primo piano le vittime e attuare azioni efficaci per garantire diritti, finora violati o pesantemente calpestati (secondo i diritti della Corte europea).

Ad esempio, secondo i principi della Corte europea e grazie ad una legislazione appropriata e specifica a livello nazionale, si dovrebbe garantire che le donne prostituite possano accedere facilmente alla giustizia, all'assistenza sanitaria, e all'occupazione.

La Relazione è stata a lungo discussa ed è stata approvata.

Resta, per completezza di informazione, di dar conto di una posizione di minoranza emersa nel dibattito e in emendamenti NON APPROVATI, secondo la quale andrebbe considerata anche la posizione di Paesi che agiscono con un modello “di liberalizzazione” della prostituzione (modello olandese) perché non si ritiene di punire il cliente.

Tale approccio sostiene che il modello nordico spinga “l'attività di prostituzione verso l'attività in nero” e che non si riconoscano le persone che esercitano tale attività volontariamente.

La controreplica della posizione che è stata vincente in Parlamento è che tale modello di liberalizzazione anziché proteggere le donne (come si prefiggerebbe) crea un ambiente che alimenta la domanda e perpetua una condizione di impunibilità per la tratta e lo sfruttamento.

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