Niente “no deal”. Con una larghissima maggioranza (544 a favore, 126 contrari e 38 astenuti) il Parlamento europeo ha ribadito il suo sostegno a una Brexit “ordinata”, secondo l’accordo di recesso sottoscritto da tutti i Governi dell’Unione e da quello di Theresa May, tuttavia respinto tre volte dal Parlamento britannico, e perciò non ancora in vigore.
La nostra non è una pura questione di principio, perché quell’accordo contiene punti fondamentali, come la salvaguardia dei diritti dei cittadini europei e britannici che vivono sulle due sponde della Manica e il cosiddetto “backstop”, che impedirà il ritorno a una frontiera fisica in Irlanda così da rispettare l’accordo di pace del Venerdì Santo che mise fine a decenni di attentati e morti. E poi il mantenimento nella legislazione britannica degli standard europei in materia di lavoro, ambiente, protezione sociale e salute, anche per evitare una concorrenza al ribasso da parte del Regno Unito che colpirebbe le imprese e i posti di lavoro europei.
Per arrivare a un’uscita ordinata, il Parlamento ha confermato la disponibilità a valutare una proroga della data di recesso ora fissata al 31 ottobre, se la prossima riunione del Consiglio europeo dedicata a trovare una soluzione, prevista per il 17 ottobre, non darà un esito positivo.
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Lo avevamo detto ed è successo: ieri la
Commissione europea messo nero su bianco il fallimento economico delle politiche della maggioranza giallo-verde e
ha proposto l'apertura di una
procedura di infrazione per debito eccessivo che ora toccherà al Consiglio approvare entro circa un mese.
Il Paese dei sonnambuli
Com'è già successo in autunno, una parte della classe politica e dell'opinione pubblica italiana fatica ad interpretare correttamente questi passaggi e a comprenderne le conseguenze disastrose. In fin dei conti, si dicono in molti, è dallo scorso autunno che la Commissione europea minaccia procedure di infrazione e ancora non è successo niente: per la vera e propria apertura della procedura c'è ancora un mese (un'eternità per la politica da social istantanei delle forze politiche al Governo) e nella storia dell'UE non si è mai arrivati a far pagare le sanzioni a un Paese per questo tipo di procedure di infrazione.
Del resto lo stesso commissario Ue agli Affari economici,
Pierre Moscovici, ieri in conferenza stampa
ha scandito in italiano
“la mia porta resta aperta”. Insomma, in Italia
molti si illudono che poi finirà a tarallucci e vino e che oggi quindi non ci sia molto da preoccuparsi. Le cose però sono molto diverse. Quello che è successo ieri ha conseguenze concrete già ora e
continuiamo ad andare verso il baratro senza rendercene conto. L'Italia del Governo giallo-verde è un Paese di sonnambuli.
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